Sul Creare Contenuti

A vario titolo e per varie ragioni, in questo periodo mi sto interessando di creazione di contenuti; ovvero, della (fantomatica) figura del content creator.

Il contenuto e la tecnologia

Per quanto la perifrasi sia effettivamente l’ennesima — diciamocelo chiaramente — mistificazione che usa l’inglese come lasciapassare di un’originalità del tutto presunta, che nasconde certamente cose antiche e banali (dal coworking che è e rimane un banale “affitto di scrivanie” ai vari talk che altro non denotano se non “discorsi in pubblico” che si tengono dall’epoca di Cicerone esattamente nello stesso modo), il mondo attorno alla creazione di contenuti è certamente interessante.

La ragione di questo interesse è sicuramente il rapporto tra mondo fisico e mondo digitale, con uno sguardo molto attento alle tecnologie che oggi permettono di liberarsi più o meno totalmente di ogni figura intermedia tra creatore e fruitore. Parlo essenzialmente della blockchain, ossia di quel costrutto informatico che ha permesso la nascita e l’ascesa delle cryptovalute, e oggi sta alla base della rivoluzione degli NFT, token non fungibili che mimano alla perfezione il comportamento di un’opera d’arte unica e irripetibile che passa di mano in mano — di wallet in wallet — attraverso procedimenti crittografici automatizzati.

Senza tanto perdere tempo nel parlare degli altri creatori di contenuti, parlerò di me. Perché sì, io mi ritengo un creatore di contenuti, nonché un docente — versato in tecniche creative e di visual thinking (ok, questa volta ho usato io un termine inglese, ma solo per necessità di sintesi) — che ha spesso insegnato ad altri ad esserlo. Quindi, vorrei fare il punto su me stesso.

Una sorta di manifesto (valido forse solo per me)

A me capita di fare tante cose. Sono un crypto entusiasta che lavora come consulente freelance Bitcoin e Altcoin, ma adoro i film degli anni Trenta. Disegno in bianco e nero su carta, eppure adoro l’arte digitale e i suoi luminosi cromatismi a schermo. Colleziono e uso penne stilografiche di ogni tipo, ma quasi sempre scrivo a schermo. Amo il synthpop anni Ottanta che veniva veicolato da musicassette fisiche (peraltro tornate di moda), però non potrei fare a meno degli mp3. E via discorrendo.

Non ho mai amato le accozzaglie, né mai le amerò; ma di certo il rapporto tra digitale e analogico mi ha insegnato un dettaglio illuminante. Il vero e grande punto di forza del “mezzo” informatico e telematico è la capacità di veicolare con assoluta efficacia ed efficienza un mix di elementi multimediali eterogenei in una forma univoca e coerente.

L’idea deriva dalla mia lettura di Steal Like ad Artist, di Austin Kleon. Il creativo colleziona cose diverse, apparentemente conflittuali e non miscibili. La sommatoria di tutte queste, però, restituisce l’identità del creativo stesso. Quindi non bisogna tanto preoccuparsi di come verranno assemblati certi materiali. L’importante è collezionare tutto ciò che sembra significativo, scartando il resto.

Quando osservo qualcosa che mi piace, subito dopo averla collezionata (leggi, rubata) inizio subito a chiedermi con quale altra poterla remixare al fine di comunicare quel qualcosa che non posso fare a meno di comunicare.

L’arte, per me, è un remix. Non necessariamente un remix di oggetti posti sullo stesso livello. Può essere anche un remix inedito di stili applicati a un determinato soggetto, o di posizioni filosofiche, o di colori, forme, approcci, cornici, schemi.

Ma attenzione. Il mio metodo — o manifesto — non indica nel remix una sorta di “a prescindere” estetico. Al contrario, io mescolo solo se posso in qualche modo intuire un senso, una particolare efficacia.

Ultimamente, per esempio, sono affascinato da come un normalissimo post di blog — cioè un articolo — possa diventare vera e propria opera d’arte collezionabile attraverso la tecnologia dei non fungible token. Se ci pensiamo, un articolo è esattamente un remix: di immagini, testo, video, musica… Quale forma migliore per veicolare l’idea di arte che ho appena descritto?

Nella mia pagina Cent, propongo spesso opere collezionabili (quasi sempre gratis, a volte a pagamento) in forma, appunto, di articoletti con un titolo, alcune frasi e una o più immagini.

A volte remixo immagini puramente digitali. Altre volte riciclo miei disegni attraverso tecniche di rielaborazione cromatica, riproducendo effetti che altrove mi sono piaciuti.

Dal punto di vista strettamente estetico, direi che il risultato finale, nella sua varietà “riconducibile a me”, mi soddisfa. Nonostante questa soddisfazione, però, io ritengo che il ruolo di un content creator oggi come oggi non possa prescindere da qualcosa di più. Questo qualcosa in più a mio avviso somiglia molto — mi si passi la perifrasi piuttosto pindarica — all’idea di smart contract che sta alla base del funzionamento di determinate transazioni in blockchain. Ossia: ciò che noi oggi possiamo chiamare arte, o più in generale design, sia esso fatto con carta e penna, sia esso elaborato con le più articolate tecniche elettroniche di rendering tridimensionale, non può viaggiare senza un contenuto ulteriore. Questo contenuto secondo me è l’appartenenza a una community, a un pensiero comune, a una condivisione di strumenti e filosofie… Tutte cose che un NFT può veicolare in modo automatico tramite il suo meccanismo di funzionamento.

Un NFT collezionato è frutto di una transazione. Può essere una transazione in denaro (digitale), oppure un regalo fatto a fronte di un’azione. In ogni caso, lo specifico NFT posseduto dal singolo è di volta in volta biglietto, tessera annuale, amuleto, lasciapassare, chiave di sblocco funzioni all’interno di un sito, prova di fedeltà, status symbol, oggetto da apporre come avatar, e mille altre cose.

Conclusioni

L’arte digitale deve diventare strumento di comunicazione operativa, spicciola, terra terra. Abbiamo bisogno di comunità dove l’estetica possa sfumare nella tokenizzazione del tutto.

Abbiamo bisogno di diffondere una cultura di creatività capillare, a disposizione di chiunque.

Il content creator, dunque, deve diventare protagonista in un contesto completamente opposto a quello, presunto e presuntuoso, del mero testimonial, che al contrario non produce nulla di originale, ma si adegua alla dittatura dello sponsor di turno, o dell’agente, o di qualsiasi altro elemento di mediazione non alla pari.

Un vero e proprio manifesto, dunque, il mio. Che propongo a voi esattamente così, senza alcun filtro o mistificazione.

Evitare il Ritaglio

Una considerazione che traggo da questo mio dattiloscritto. Molto importante, anche se, lo ammetto, complicata da realizzare.

A Ciascuno la Sua Taos

Ho conosciuto il New Mexico attraverso la mediazione di Natalie Goldberg, che ne parla diffusamente credo in tutti i suoi libri, compreso il primo e più famoso: quello tradotto in Italia col titolo Scrivere Zen. Nello specifico, la Goldberg si sofferma sulla cittadina di Taos, che da quello che descrive (nonché dalle numerose immagini che sono riuscito a trovare) sembra essere il luogo perfetto per scrivere: silenziosi bistrot che servono gratuitamente il caffè lungo assieme alla consumazione, atmosfera rurale, vegetazione selvaggia, ampi spazi vuoti e accoglienti, atmosfera da realismo magico latinoamericano, e via discorrendo.

Ebbene, io credo che Taos sia una sorta di archetipo. Ciascuno di noi, rovistando tra le memorie, può trovare una propria Taos radicata nello spaziotempo del passato, quasi sempre infantile o adolescenziale.

brown house under blue sky

Diciamocelo chiaramente. Le nostre città italiane, anche solo per una loro conformazione strettamente topologica, oltre che culturale, non sono certamente accoglienti per chi vuole starsene da solo a riflettere e scrivere. Appaiono chiassose, cattive, sovrappopolate, piene di negozi inutili e dettagli deprimenti. Noi non abbiamo i grandi spazi degli USA, i chilometri e chilometri da sobbarcarsi per giungere a una città effettivamente lontana dalle grandi metropoli. Da noi la provincia “dormitorio” è invece vicina al centro, e con esso partecipa alla medesima corsa conflittuale e concorrenziale.

In questo senso, la Taos di Natalie Goldberg diventa appunto una sorta di utopia, o comunque di simbolo, di ideale da ritagliare anche nella quotidianità attraverso gesti, prassi, volontà, azioni caparbie per rivendicare quello che io amo considerare il diritto alla creatività.

Certo, tutti noi “adulti e vaccinati” sappiamo che ormai i diritti si possono solo comprare con moneta sonante, esattamente come potrebbe accadere, letteralmente, per un viaggio, ossia per una fuga altrove. Tuttavia la stessa creatività può fare molto.

La creatività necessita di creatività! Essere creativi significa necessariamente elaborare (creativamente) delle strategie per organizzarsi. Credo che nei prossimi post dedicherò energie per descrivere le mie strategie per essere creativo in un mondo che odia la creatività.

Alla Finestra

Sono rimasto fermo, a origliare il respiro,
alla finestra;
in questo ritaglio mattutino, nel silenzio,
vedere solo il buio diventare pallida luminescenza.

Ho pensato che la sola tiny house è questa,
una stanza bianca e gialla, e una finestra;
lo scomodo divano sul quale riesco a stare
magicamente comodo, ad ascoltare.

Ho solo un'ora, forse due, per l'esercizio
di questa mia unica libertà.
Potrò riempire questo mio luogo?
Potrò decorarlo con i miei desideri?

Intanto attendo, e respiro questo nulla
come il più misterioso e gentile
dei significati.

Libertà: una Poesia

Come si misura la libertà?
Ci avete mai pensato?
Quale sarà della sua grandezza l'unità?
Ebbene io affermo che il suo stato
deriva solo dal suono nella sua assenza.
Pensando solo a ciò che avete amato,
quanti minuti riuscite a rimanere zitti, in presenza
del mondo, cullati dalla sola vostra essenza?

Prove Tecniche di ZAP Compbook

Una pagina del mio fiammante ZAP…

Sto scrivendo il mio ennesimo composition book in uno di questi ZAP notebook, prodotti dalla Clairfontaine con carta 100% riciclata. Lo stile è minimalista e molto colorato, direi vicino a certa estetica post-punk degli anni Ottanta.

La carta interna non è perfettamente bianca, ma tende al grigio chiarissimo, una tonalità comunque assolutamente piacevole. La grana è fine, e la scrittura risulta del tutto scorrevole. Non ho provato a utilizzarla con stilografiche, anche se credo che non sia adatta (a tale proposito, la stessa Clairfontain produce altri prodotti, assolutamente eccelsi per la scrittura con inchiostro liquido). Gli strumenti più adatti all’uso con questo particolare notebook sono indubbiamente le matite di ogni tipo (classiche e meccaniche), ossia in generale la grafite, oppure delle banalissime penne a sfera. Ho provato anche a scrivere con delle penne stile pennarello sottile (felt-tip) e debbo dire che la resa rimane ottimale!

Stranamente, sul web non si trovano molte recensioni di questo prodotto. L’unico contenuto interessante è firmato da questa strana ragazza, di per sé un’opera d’arte vivente…

Diari Dattilografici

Ho iniziato a scrivere alcuni miei diari con una macchina da scrivere analogica. Vi propongo alcuni output. C’è da dire che le forme del blogging analogico (e in generale le cose in stile Typewriter Rodeo) mi sono sempre piaciute. Ora vorrei esplorarle in modo sistematico…

Web e Scrittura

Perché gli scrittori dovrebbero scegliere Vivaldi Browser? Uno specifico post (peraltro, nella stessa comunità di questo versatile strumento per la navigazione del web) lo spiega, e io sono perfettamente d’accordo.

Ovviamente ci sono molti strumenti che solitamente uso, nel web, per implementare varie forme creative di scrittura, nell’ottica della produttività e dell’ottimizzazione.

Un altro servizio interessante che uso è ZenPen. Provatelo, specialmente se amate i text editor distraction free e la codifica in linguaggio markdown.

La spesa di oggi. Per esempio.

Per chi ama invece lo stile retrò dei fosfori verdi, consiglio vivamente Writer, che permette di organizzare vere e proprie progettualità articolate.

Lo stile eloquente di Writer. Un tuffo nell’informatica delle origini.

Chiaramente, non stiamo parlando di scrittura in generale, ma di scrittura per il web e nel web, una sorta di categoria per certi versi a sé stante diventata per forza di cose rilevante anche nel campo più vasto dello scrivere. Questa forma di scrittura ha la caratteristica di essere fortemente legata a due campi: da un lato la componente ipertestuale, e dall’altro la multimedialità. Questi due aspetti si intersecano, costituendo una sorta di stile potenziale intimamente connessa allo strumento della rete.

Un browser veloce e fortemente integrato come Vivaldi è veramente perfetto per questo.