Stamattina ho trovato un mio vecchio taccuino, imboscato nei meandri dello zaino che ho portato qui in vacanza assieme al mio Chromebook. (Ebbene sì, niente Vivaldi Browser. Di solito quando mi muovo vado di standardizzazione mainstream, anche perché la produttività personale in senso lato è messa da parte.)
Ci sono delle immagini veramente cool. Come questa, per esempio. Come vedete, amo utilizzare per questi ritagli la mia succursale di microblogging nel fediverso di Vivaldi Social, che vi invito a seguire e a usare.
Nel medesimo taccuino ho anche trovato delle cose che mi ricordano la mia passione per il cinema di genere di quello che ho sempre chiamato “il cinquantennio pop”, dagli anni Cinquanta a poco dopo la fine degli anni Ottanta. Non saprei come inquadrarle, ma mi piacciono molto.
Per non parlare di questo delirio discordiano, che mi suggerisce di continuare una certa lettura che ho messo momentaneamente nel cassetto: L’Occhio nella Piramide (1975). Ma questa è un’altra storia…
Intendiamoci: I miei composition book, che alcuni autori chiamano compbook, ovvero quei supporti analogici che uso mimando uno scopo paragonabile a quello della “scrittura scolastica”, non somigliano troppo a questo classico qui di fianco, che iconograficamente si associa alla scrittura più o meno creativa praticata nei campus e delle università statunitensi.
Mi piaceva però proporre un’immagine che fosse indicativa di ciò che penso nell’uscire quasi completamente dalla logica del puro visual thinking.
(A tale proposito avevo pure anticipato la cosa in un post.)
Mi sono reso conto che devo scrivere prosa su supporti grandi, almeno A4 direi. Per questo la cosa migliore sarebbe usare direttamente una risma di fogli, ma la cosa è ben poco applicabile alla necessità che ho di portarmi dietro le cose. Quindi per forza mi devo proprio rivolgere a formati “da compbook”, che di solito ruotano attorno alle proporzioni dello schema detto B.
In questo senso, adoro i prodotti della Rhodia…
Tuttavia credo che opterò per prodotti molto più semplici, che possano ricordarmi i vecchi quaderni di trenta, quarant’anni fa. Carta umile, penne a sfera, cose così…
La creatività deve imporre limiti e cornici. In questo senso, mi sono obbligato a usare i (miei amati) quaderni Clairfontaine (serie age bag) in un solo e unico modo, ovvero con pennarelli neri a punta ora tonda e grossa, ora a pennello. Una sola variante è permessa: il collage con sticker vari e carte incollate (scrapbooking, si direbbe). Ecco un esempio di cosa intendo…
Più che banalmente evidente, la somiglianza coi diari di Austin Kleon è deliberatamente programmatica. Voglio annotare diari esattamente come lui; non per copiarlo, ma per godere della stessa comodità nella quale lui sembra sguazzare nel compilarli.
La scelta di uno standard è infatti per me un problema molto sentito, non tanto per la scelta in sé, quanto per il tempo che mi costringe a dedicarle. Ergo, devo decidere a monte, imponendo una sorta di schema razionale da rispettare.
Quanto alla scrittura in sé, ho deciso invece di esercitarla completamente in altri contenitori, in forme che non somiglino minimamente a quelle del visual thinking.
Ma questa, come dicono i grandi, è un’altra storia, e verrà raccontata altrove.
Oggi sono incappato in un sito veramente molto ben realizzato, appassionato e soprattutto utile. A me la dicitura “disegno brutto” però non piace molto, perché in realtà i risultati di questa metodica non porgono assolutamente un output effettivamente brutto. Più che altro direi selvaggio, spontaneo, immediato, bambinesco, con uno stile che ricorda peraltro svariati grandi artisti della grafica e della pittura (Saul Steinberg, Paul Klee, solo per citarne alcuni).
Se poi ci spostiamo al campo del pensiero visuale, l’adagio di Mike Rohde parla chiaro: riferendosi alla tecnica della sketchnote (da lui ideata), la denota precisando che riguarda le idee, e non l’arte. Quindi, nel parlare di immagini che servono a pensare, ci riferiamo comunque a una forma di disegno che si valuta per la sua funzione, e non per il suo contenuto estetico.
Ma è veramente così? Secondo me no, ovvero non proprio, e la realtà è ancora più sottile e intrigante. Cercherò di spiegarla al meglio.
Esiste a mio avviso un’estetica della funzionalità, una sorta di punto intermedio, di proporzione quasi aurea, che dovrebbe intercettare un affinarsi lungo la via del disegnare non manieristico, ma comunque legato a un’efficacia comunicativa che è nel contempo funzione e bellezza. Esiste, cioè, un galateo che non allude alla bellezza, che so, di un’immagine copiata a mano con precisione fotografica, o di uno schizzo in perfetta prospettiva annotato da un abilissimo architetto, ma risponde a esigenze diverse, a sensibilità alternative, nonché a istanze altrettanto conformi alla bellezza in senso lato.
Il rifiuto del manierismo non è il rifiuto di una certa concezione dell’equilibrio compositivo, che può tranquillamente essere fatto di eccessi e di misure, in un mix che la pratica può efficacemente individuare.
Il mio modo di disegnare è solo mio. Procede per tentativi, giustapposizioni, montaggi, che hanno come unico scopo la costruzione di qualcosa che serva. Tutto qui.
Da parecchio tempo sono un fanatico di sketchnote taking, una prassi che ho appreso da Mike Rohde. Ho ripreso ad annotare in questa modalità. Ecco alcune pagine del mio notes.
Ora vorrei individuare una sorta di supporto standard. Mi sono sempre mosso da un prodotto all’altro, come per testare varie superfici e tipi di carta, ma ora vorrei soffermarmi su qualcosa di più standardizzato.
Da tempo cercavo un sistema organizzativo che evitasse i device elettronici (che adoro, ma che a mio avviso non sono adatti alla scrittura organizzativa), ovvero che “nativamente” utilizzasse semplicemente carta e penna, come amo fare anche nel visual thinking.
Ho trovato questo sistema nel cosiddetto bullet journal. Ma attenzione: il sistema ricalcato tale e quale ed eseguito supinamente, è a mio avviso un tantino troppo rigido e per certi versi eccessivamente lungo da impostare. Pure un esperto in materia come Matt Ragland lo dice chiaro e tondo, anche se secondo me anche i suoi consigli possono essere ulteriormente semplificati, per una convergenza alla configurazione migliore.
Insomma, lungi dal volervi imporre un sistema, vi consiglio caldamente di seguire il mio setup, che spiegherò di seguito in modo molto circostanziato, e soprattutto motivato.
My BuJo Setup
Innanzitutto, cos’è un bullet journal?
Per quel che mi riguarda è un quaderno o taccuino che viene opportunamente impostato per essere un punto di riferimento organizzativo personale con riferimento annuale (in sostituzione di qualsiasi agenda).
Quale taccuino scegliere?
Ce ne sono molti, anche troppi. Personalmente non utilizzo né i tanto blasonati Moleskine (che a mio avviso, e secondo chiunque abbia un minimo di conoscenza della scrittura analogica e delle tipologie di carta sul mercato, sono di qualità pessima), né i certamente fantastici Leuchtturm 1917. Preferisco i taccuini “stile Moleskine” prodotti dalla AmazonBasics, che costano praticamente la metà dei Moleskine di pari formato e qualitativamente valgono almeno il triplo. Il mio standard è la versione base a righe.
Setting #1 – prima pagina a destra
La prima cosa che scrivo è l’anno di riferimento (ribadito magari anche da un’etichetta esterna), alcune informazioni sul proprietario del taccuino (lo dovessi dimenticare da qualche parte), e una rapida legenda delle icone che utilizzo per denotare il testo.
Nel mio caso la legenda è semplicissima, ma potete tranquillamente usare quella standard proposta dall’autore di questo sistema, che riporto direttamente.
Nel mio caso utilizzo una versione molto semplificata di questa che vedete. Al posto del punto, uso un cerchietto, che posso barrare con una X completa nel caso di “task completato”, oppure con un segno > nel caso il task sia stato spostato altrove (concetto importantissimo nel bullet journaling). Sia gli eventi che le annotazioni, invece, recano a inizio testo un banalissimo asterisco. Questi simboli mi bastano e mi avanzano, ma è chiaro che potete aggiungere quelli che ritenete più opportuni.
Setting #2 – l’indice
Le prime due pagine (che non sono ancora vere e proprie “pagine numerate” del taccuino) vanno utilizzate come indice, ossia come riferimento per andare a trovare gli argomenti, esattamente come in un libro. Il mio consiglio è di avere di fronte le pagine sempre “a coppie”, e di iniziare da sinistra, di modo da avere sempre due pagine aperte di fronte a noi.
Insomma, per l’indice servono (le prime) due pagine (non numerate): pagina A a sinistra e pagina B a destra.
Month Log Gennaio Febbraio Marzo Aprime Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre
Pagine dalla 29 alla [numero]
Day Log
Pagine dalla [numero+1] alla fine
Liste Speciali
Nota bene: Ci sono taccuini che hanno già le pagine numerate. Questo è ovviamente molto comodo, ma non essenziale, visto che le pagine si possono anche, come altrettanto ovvio, numerare a mano, oppure anche numerare solo per l’essenziale (fino alla 28, per intenderci).
Nel mio caso io numero solo le pagine fino alla 28, e le pagine successive (day log) le numero mentre le scrivo.
Siccome le liste speciali le tengo alla fine, parto dall’ultima pagina, come se avessi un secondo taccuino speculare.
Se le liste speciali cominciano a diventare tante, allora il consiglio è di provvedere a una qualche forma di numerazione delle stesse, riportata in indice.
Setting #3 – year log
Consta di quattro pagine perché su ciascuna vengono posti (in alto, in centro, e in basso) i nomi di tre mesi contigui, per esaurire l’intero anno. Quindi pagina 1 (sinistra) con gennaio, febbraio e marzo; pagina 2 (destra) con aprile, maggio e giugno; pagina 3 (sinistra) con luglio, agosto e settembre; e infine pagina 4 (destra) con ottobre, novembre e dicembre.
A cosa serve questo annual log? Semplicemente ad avere un luogo dove annotare i macro-progetti da svolgere nell’anno, con una razionale e ragionevole individuazione del mese di riferimento.
Nota bene: Questo spazio NON è assolutamente un’agenda dove segnare appuntamenti e “goal” mensili, ma solo un punto di riferimento per annotare quanto detto. L’agenda vera e propria sarà invece quella che vedremo tra un attimo nel month log.
Setting #4 – month log
Le pagine dalla 5 alla 28 (si veda tabella di prima) sono il cosiddetto month log, ossia lo spazio dove annotiamo (1) gli appuntamenti che devono essere svolti (come ovvio) esattamente in un tal giorno (salvo spostamenti) dello specifico mese (che vanno nella pagina a sinistra con numero dispari) e (2) i “goal” che devono essere raggiunti in quel mese, senza indicazione di giorno specifico (che vanno nella pagina a destra con numero pari).
IMPORTANTE – Io non sono solito annotare per filo e per segno, nella pagina di sinistra, tutti i giorni del mese, numero per numero, nome per nome. Mi sembra assurdo. Se devo annotare una data nei primi del mese, la annoto in alto, altrimenti, se la data è centrale o a fine del mese, verso il centro o verso il basso. Ho detto che è un sistema analogico, certo, ma un banale calendario (cartaceo o digitale che sia) credo che lo abbiamo tutti per vedere se un certo giorno è sabato, lunedì o domenica. Lo stesso dicasi per mesi con 28 o 31 giorni.
Setting #5 – day log
Dalla pagina 29, non si utilizza più la scansione “a quadranti” destro e sinistro. Potete tranquillamente scrivere di seguito, annotando la data del giorno e scrivendoci sotto tutti i task e le annotazioni che desiderate. Una pagina può tranquillamente contenere più giorni, perché ovviamente ci possono essere giorni in cui le annotazioni sono poche.
Setting #6 – liste speciali
Il bullet journal è ottimo per annotare liste speciali, ovviamente separate da tutto il resto, ma connesse e parallele. Le liste possono contenere qualsiasi cosa debba essere mappata nel tempo ed eseguita: l’andamento di una dieta, film e libri da acquistare, obiettivi da raggiungere senza specifico riferimento al mese dell’anno, etc…
Come si usa il BuJo
Farlo è molto più semplice di qualsiasi spiegazione. Quindi, faccio alcuni esempi:
Ho un appuntamento il 3 febbraio con un cliente; vado alla pagina 7, che riporta appunto gli appuntamenti da svolgere esattamente in un certo giorno del febbraio 2023, e in alto (visto che siamo i primi di febbraio) annoto un cerchietto con la data e l’ora, nonché ovviamente la descrizione dell’appuntamento. Una volta effettuato, pongo una X sul cerchietto.
Entro i primi di febbraio 2023 devo pagare la sosta comunale; vado alla pagina 6, che riporta le cose da fare “genericamente” nel mese di gennaio, e a fine pagina (visto che a me interessa che la cosa sia fatta entro i primi del mese dopo) annoto un cerchietto con la descrizione della cosa da fare. Una volta fatta, la spunto con una X, nel solito modo.
Il primo gennaio mi accorgo di aver finito il cibo del gatto; lo stesso giorno, quindi esattamente a pagina 29, sotto la data del primo gennaio, annoto un cerchietto che riporta la cosa. Se riesco a farla subito, bene, la spunto immediatamente e passo ad altro. Altrimenti, se non sono riuscito a farla il giorno stesso (cosa difficile nel mio caso, visto che la mia gatta è un ottimo promemoria… ma questa è un’altra storia) in fase di controllo giornaliero o la lascio “da fare” e la spunto (esattamente dove sta) il giorno dopo, oppure la sposto barrandola con il simbolo > ricopiandola nei task del giorno dopo, oppure altrove. (Nel mio caso preferisco lasciarla lì per barrarla il giorno dopo, visto che stiamo parlando di azioni che riguardano un intorno temporale molto limitato, ma queste sono cose legate al gusto e allo stile personale.)
Se entro maggio 2023 intendo cogliere i frutti di una nuova dieta, allora segno “nuova dieta” nella pagina year log contenente il mese di maggio (che è nel nostro caso la numero 2), con un opportuno cerchietto, e mi occupo di tenere traccia di questo proposito in una lista speciale a fine taccuino che intitolerò “dieta” che giornalmente controllerò, fino a spuntare il task di cui sopra.
Se il primo gennaio mi dicono che un mio importante cliente ha un nuovo sito, lo annoto direttamente nel day log del primo gennaio, con un asterisco. Questa informazione “tempificata” può tornarmi utile in fase di rilettura.
E via così…
Considerazioni finali
A cosa serve effettivamente il BuJo?
Essenzialmente, a gettare una volta per tutte i foglietti volanti pieni di annotazioni che verranno certamente perse, o peggio non saranno utili alla loro effettiva implementazione.
Nello specifico, il BuJo serve a concentrarsi organizzativamente utilizzando un solo strumento al posto di decine di strumenti disorganizzati e non connessi tra loro.
A cosa NON serve il BuJO?
Se il vostro task somiglia a una frase del tipo “conquistare il mondo”, oppure, più banalmente, “fare un avanzamento di carriera e guadagnare di più”, allora il BuJo può certamente permettervi di seguire questi “auspici” una volta trasformati in task eseguibili, ma di certo non può dirvi come trasformarli.
In altre parole, il BuJo serve a organizzare con facilità azioni per noi possibili e conosciute.
Insomma, può dirvi quando pagare una rata, ma non può dirvi come ottenere i soldi per pagarla.
Il consiglio è di separare nettamente la prassi organizzativa rappresentata dall’uso quotidiano del BuJo dall’elaborazione creativa che nel BuJo può essere certamente annotata come obiettivo, auspicio o progetto, ma deve necessariamente svilupparsi altrove, in taccuini dedicati appunto all’elaborazione e al pensiero approfondito.
Esistono dei prodotti, essenzialmente statunitensi, che qui in Europa, ma soprattutto in Italia, arrivano molto a fatica e con maggiorazioni di prezzo oggettivamente esorbitanti e proibitive. Tra questi ci sono sicuramente i taccuini della Field Notes Brand, autentici oggetti di culto per gli amanti (come me) della scrittura analogica on the go.
Tempo fa, per averne qualcuno, mi sono rivolto al mercato britannico, che solitamente acquisisce prodotti dagli States rivendendoli a un prezzo onesto, con spese di spedizioni altrettanto ragionevoli. Nello specifico, li ho acquistati dalla Nero’s Notes, che debbo dire si è distinta per l’ottimo e cordiale servizio.
Nonostante questo, mi sono chiesto: quali possono essere le valide alternative che possano efficacemente sostituire l’esatta funzione di questi notes tascabili?
Dopo aver acquistato e testato veramente molti prodotti, sono giunto alle seguenti conclusioni, che vorrei condividere con tutti i miei lettori, specie con quelli, appunto, appassionati come me di questo genere di recensioni.
Il prodotto che in assoluto più si avvicina al classico field notes a righe tinta kraft, che vedete qui in foto, è certamente il seguente:
Il costo è di euro 2,75. Potrebbe sembrare elevato, ma non lo è, specialmente se consideriamo che tre taccuini Field Notes vengono in USA solitamente venduti a una decina o dozzina di dollari. La dimensione è la stessa, e la carta risulta di qualità eccelsa, anzi, addirittura superiore e fountain pen friendly.
A questo punto, visto che la stessa FNB produce una penna a sfera in qualche misura “standard”, e qualche tempo fa addirittura vendeva, per i più esigenti, la celeberrima fisher space pen, ovvero la penna degli astronauti che consente di scrivere in tutte le posizioni, mi sono anche chiesto quale possa essere “da noi” la penna migliora da abbinare al notes giapponese di cui sopra.
Anche in questo caso sono giunto ad una conclusione, che potete facilmente acquistare su Amazon a un prezzo veramente competitivo:
Ce ne sono di tantissimi colori, tutti molto accattivanti e con un pizzico di estetica “tactical” che risulta perfettamente coerente con la funzione (la mia è trasparente). La penna è anche pressurizzata, esattamente come la sua ben più costosa sorella americana fisher space.
La penna in questione ha un meccanismo “click and go” veramente perfetto e comodo, che vi permette di scrivere al volo in ogni condizione possibile, anche dal basso verso l’alto, per la meccanica di pressurizzazione dell’inchiostro caratteristica del prodotto.
Personalmente ho sempre sostenuto l’importanza del pensiero visuale nell’applicazione di qualsivoglia procedimento creativo nel problem solving di ogni ordine e grado.
Stamattina ho acquistato queste flash card di Amazon Basics. I vantaggi di Prime vanno sfruttati, no? Mi servono per annotare citazioni (e autocitazioni) nello stile di Austin Kleon.
Penso di dover incentivare la scrittura compulsiva, una cosa (un atteggiamento, direi) che un tempo potevo permettermi, e che ora può solo svolgersi nei ritagli. Credo che un grosso business sarebbe quello di vendere tempo di qualità a chi ne fa richiesta. Tempo, silenzio, ambiente, atmosfera…
Stanotte ho sognato un’espressione che sintetizza svariati “ambienti” (or settings, if you want) che caratterizzano spesso gli stessi miei sogni. L’espressione è: la Padova arcaica. Ora, non so se si tratti di Padova, ma spesso e volentieri io sogno degli ambienti che affondano la loro essenza in ciò che ho visto da bambino. Scorci, anfratti, giardini interni di palazzi, chiostri, vedute aeree nello stile dei vecchi documentari del servizio pubblico radiotelevisivo (lo chiamo così per distinguerlo dallo schifo attuale), e via discorrendo…
Stamattina ho iniziato, direi finalmente, ad annotare in una modalità rigorosamente cartacea e, come dire, da studente coreano o affine, le mie monografie d’uso del Web2 e del Web3. In questo caso ho visto bene di definire il mio account “blockchain” in Unstoppable Domains.
Se volete contattarmi utilizzando questa tecnologia e questo specifico mio dominio, è molto semplice. Scrivetemi una mail al mio nuovo indirizzo UD-based.