Agire o Comunicare?

Il mondo antico poteva banalmente permettersi il lusso del deserto. Un lusso che, peraltro, ricompare in misura certamente attenuata, ma comunque appetibile, anche se ricordiamo il passato — sia remoto che relativamente recente — e lo mettiamo a confronto con un presente in cui affollamento e caos sono onnipresenti.

Una domanda che mi assilla da tempo suona circa così: può la comunicazione “one to many” avere ancora senso nel mondo in cui viviamo, al di fuori della mera funzione commerciale in senso stretto?

La cosa ha a che fare col tempo. La disponibilità, abbondanza o penuria di tempo. Il tempo, oggi come oggi, è la vera risorsa scarsa, desiderata implicitamente da tutti. Il ricco meritevole non ha tempo per spendere i soldi. Il proletario meritevole non ha soldi per comprarsi il tempo. L’azione cade nel tempo, dunque abbiamo di fronte una chiarissima alienazione del tempo nel tempo. Una forma di alienazione uniforme, trasversale e tendenzialmente orizzontale. Se la fruizione di arte e pensiero necessita di tempo, allora non è più possibile, e si procede a selezionare dei surrogati, che progressivamente vanno a surrogare tutto, dalla politica all’informazione, passando per la cultura e la civiltà.

💡 Non posso fare a meno di pensarlo. L’intelligenza artificiale sembra essere stata progettata per fornire a degli zombie quelle minime capacità di ragionamento che, evidentemente, pure il sistema costituito ritiene irrinunciabili.